Il peso della linea

Nella ricerca artistica del nostro tempo, quello del rapporto con la natura è un problema centrale, divaricato tra i poli, da un lato, dell’ imitazione e, dall’altro, dell’ individuazione di modi e modelli di crescita, di sviluppo e di conclusiva definizione della forma.

In un testo pubblicato nel 1912 nella rivista Jugendstil “Pan”, il pittore Franz Marc sintetizzava lo sbocco di decenni di confronti, da parte degli artisti, con le forme organiche più o meno nascoste in una concentrata attenzione per le “cose segrete della natura”, concludendo comunque che, nella sua specificità, l’arte era e continuava ad essere un “artificioso” allontanamento dalla natura e dalla naturalità. Dietro le “belle illusioni” della natura erano avvertibili delle leggi, alle quali l’artista doveva sforzarsi di arrivare: Marc, come è noto, era un appassionato pittore di animali, ma il suo problema non era certo di dipingere cavalli, tigri o cerbiatti, quanto di riuscire a cogliere quella che chiamava la loro “essenza assoluta”. Un’essenza la cui formalizzazione – pur originata da formazioni naturali d’ogni genere acutamente osservate - avrebbe dovuto ottenere di “eccitare le anime” indipendentemente da qualsivoglia imitazione: come la musica, arte non rappresentativa per eccellenza. Per Marc e altri artisti, per esempio August Endell e Hermann Obrist, che ancora prima di lui avevano affrontato radicalmente un simile problema, ciò implicò un rovesciamento senza possibilità di mediazioni del vecchio naturalismo in forme di elaborazione lineare in grado di costituire un sistema rappresentativo sinteticamente analogico alla realtà naturale, intesa come insieme di forze formative: ciò per progressive eliminazioni di “accidenti” e dettagli non strutturali, superflui relativamente alla percezione del principio di conformazione e di crescita del dato naturale.

Questa direzione di ricerca ha dunque una tradizione assai solida, radicata in una delle fonti più consistenti e ricche del modernismo: quella mirante a una depurazione senza compromessi degli strumenti operativi dell’artista (linea e colore in primo luogo).

In questa direzione, concentrandosi sulla linea, lavora con coerenza lo scultore Andrea Forges Davanzati. Anche per questo artista il “naturale” costituisce uno stimolo originario e il punto di partenza dell’invenzione formale: dove per “naturale” sono da intendere, tra l’altro, piccole forme di vita osservate con quella stessa lente di ingrandimento tante volte citata dai teorici e dagli artisti del modernismo Jugendstil. Rotifero, Limulo, Tricottero, Corissa – titoli di altrettante sculture – sono i nomi di minuscoli animali acquatici di cui lo scultore si è sforzato di cogliere, al di là delle “belle illusioni” delle loro apparenze, funzionalità formali e architetture nascoste. Tale indagine fa da trampolino di lancio per una progettazione che si basa su una riduzione estrema della struttura in senso lineare, arrivando a una sintesi concentrata di forze e di forme. Le strutture filiformi che Forges Davanzati costruisce fanno perno sull’equilibrio tra la decrizione asciutta di un modello, al massimo depurato, e il piacere mentale di un sistema di linee che ogni volta, in ogni opera, si definisce come “figura” autonoma, in grado di autogovernarsi attraverso spinte e controspinte interne, oramai indipendenti dal modello originario. Il “naturalismo” di partenza si specchia in una trasposizione fortemente concettualizzata che riesce a non perdersi, comunque, in quella certa gratuità di troppe operazioni concettualiste pure; neppure condividono, i lavori di Forges Davanzati, la freddezza matematica e assolutamente astratta della scultura di Pevsner, per cui , certi aspetti parrebbero apparentabili.

L’inclinazione al piacere prodotto da idee di strutture e di forze visivamente tradotte attraverso la linea è nel suo caso sostenuta e intesificata da un altro modo di cercare il piacere, legato alla trasformazione di un concetto astratto, come è quello di linea, appunto, in un oggetto concreto, il cui “peso” reale (come nelle due versioni di Momento) può d’altronde apparire nascosto da un senso sottile del bilico. Concettualizzazione radicale da un lato, capacità di controllo di materiali e tecnologie d’altro: sono alla fine essenzialmente questi i due pesi delle bilance di Forges Davanzati.


Antonello Negri
Ottobre 1993

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